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Giro del Confinale

Informazioni

Luogo: Parco Nazionale dello Stelvio
Periodo: 05 Lug 2013 -> 07 Lug 2013
Caratteristiche: paesaggio, natura, animali
Consigli: distanza e dislivello non sono pochi, sciegliete bene l'attrezzatura e non sovraccaricatevi; in montagna un'acquazzone può sempre capitare: portate un telo antipioggia per riparare la vostra attrezzatura

Attrezzatura

Fotocamera: Nikon D5000
Obiettivi: Nikkor AF-S DX 18-105mm f/3.5-5.6G ED VR, Sigma 10-20mm f/4-5.6 EX DC HSM
Filtri: CIR-PL Hoya HD 67mm, CIR-PL Hoya HD 77mm, ND400 Hoya 77mm
Altro: Step up ring 67mm-77mm


Il Monte Confinale tocca quota 3370m e si trova in provincia di Sondrio, più precisamente nei pressi di Santa Caterina Valfurva, all'interno del Parco Nazionale dello Stelvio. La sua vetta è meta di escursioni estive ed invernali (sci alpinismo), ma in questo articolo ci occuperemo di un percorso ad anello che si limita a girargli intorno, raggiungendo comunque la quota 3001m del Passo Zebrù.

Purtroppo non ho il tracciato GPS completo del giro, ma qui sotto trovate una mappa contenente le tappe ed i riferimenti principali. Se ve ne serve una da usare durante l'escursione vi consiglio però di cercarne una più dettagliata, dato che questa è puramente indicativa e poco precisa.

Nella mappa sono indicati:

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Premessa

Come spesso accade per le escursioni in montagna non è facile definire il livello di difficoltà. Sebbene esistano dei dati quantitativi ben identificabili, come la distanza e la quota, ce ne sono altri che risultano del tutto soggettivi. Per fare qualche esempio camminare per tre o quattro ore può essere normale o impegnativo a seconda del livello di allenamento, o ancora percorrere un tratto esposto può risultare del tutto naturale per qualcuno, ma al contrario impossibile per chi invece soffre di vertigini. Un altro fattore importante è costituito dalle condizioni meteo: lo stesso percorso fatto sotto il sole, sotto la pioggia o con la neve presenta evidentemente difficoltà diverse e deve essere affrontato di conseguenza, con la giusta preparazione e l'equipaggiamento adatto.

Personalmente ho trovato questo giro abbastanza impegnativo, ma come vedrete andando avanti a leggere non è stato così per tutti... Detto ciò, non spaventatevi: è sufficiente un po' di allenamento e magari evitare di sceglierla come prima escursione della vostra vita!

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Il percorso

Ci troviamo nel Parco Nazionale dello Stelvio, a poco più di 200km da Milano, ma a ben 3 ore di strada. I centri abitati non distano molto dal percorso, ma per buona parte del tragitto sarete totalmente circondati dalle montagne e dalla natura. Sul sito del Rifugio V Alpini ci sono alcuni di suggerimenti su come organizzare l'escursione, ma potete farlo come meglio credete, scegliendo le tappe e la durata che ritenete più opportune in base al tempo che avete a disposizione ed alla vostra preparazione. Noi abbiamo scelto di fare il giro in senso orario e di suddividerlo in tre giorni, pernottando la prima notte al Rifugio V Alpini (2877m) e la seconda al Rifugio Forni (2178m). I sentieri sono ben segnalati, con segnavia piazzati praticamente ad ogni bivio. Si tratta inoltre di una zona abbastanza battuta, quindi se ne avrete bisogno non faticherete a trovare qualcuno in grado di darvi indicazioni.

La prima tappa va dal parcheggio in località Niblogo frazione Fantelle (1693m) al V Alpini. A causa del notevole dislivello (quasi 1300m) questo tratto è piuttosto impegnativo, soprattutto tenendo conto dell'ultimo strappo di circa 400m, da affrontare quando la stanchezza ed il peso dello zaino si fanno sentire. Questa è l'unica tappa che ho registrato: se volete potete scaricare il tracciato GPS da Niblogo al Rifugio V Alpini attraverso uno dei link sotto alla mappa.

Il secondo giorno, che si conclude con il pernottamento nel più accogliente Rifugio Forni, è sicuramente più agevole, nonostante la salita al Passo Zebrù (3001m). Data la quota conviene informarsi sulle condizioni per verificare l'eventuale presenza di neve (che puntualmente abbiamo trovato).

Con l'ultima tappa si scende fino a fare ritorno al parcheggio di Niblogo, facendo attenzione a non sbagliare strada nell'ultimo tratto. Questa tappa è un po' più lunga delle altre e dopo due giorni di cammino può essere un po' faticosa, nonostante sia quasi tutta in discesa.

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Giorno I - Niblogo -> Rifugio V Alpini

tracciato TCX tracciato KML tracciato GPX

Dopo la consueta colazione e le solite difficoltà ad individuare il punto di partenza (non che sia così difficile, ma a volte è meglio chiedere che affidarsi alla tecnologia) eccoci pronti ad intraprendere la prima lunga giornata. Si parte imboccando il sentiero che inizia a salire gradualmente, senza difficoltà, dapprima all'aperto, poi all'interno di un bosco che offre riparo dal sole. Si prosegue risalendo il corso del fiume, che ricordo però quasi asciutto, passando di tanto in tanto da una sponda all'altra. Nulla di particolare da segnalare, se non la natura che ci circonda. Il bosco mette a disposizione qualche tavolo che sfruttiamo per fare una pausa e pranzare. In ritardo sulla tabella di marcia (tanto per cambiare) ma ricaricati dal pranzo ci riavviamo verso la nostra meta. Man mano che si sale la vegetazione si fa più rada, finché il sentiero non si apre infine poco sopra i 2000m. Si sale ancora fino a quota 2400m, dove il verde è ormai scomparso. I chilometri percorsi sono ormai una decina, la fatica si fa sentire ed ecco finalmente spuntare sopra di noi il Rifugio V Alpini. Ci appare con il suo tetto giallo, che si distingue chiaramente contro il grigio della roccia, ma non è che una piccola macchia ancora lontana.

Il gruppo si sgrana ed io resto in coda. La quota dice che sono oltre la soglia al di là della quale inizio a sentire la carenza di ossigeno ed il mio fisico me lo ricorda. Devo fermarmi e sdraiarmi per qualche minuto prima di capire che sono in grado di riprendere la salita. Mi rialzo, salgo ancora un po' ed ecco comparire una presenza inattesa: ai bordi della traccia una volpe procede a passo spedito e si ferma ad osservarci. Evidentemente abituata alla presenza umana attende un'alternativa alla fatica di procurarsi del cibo da sé. Inizialmente è guardinga ma non passa molto prima che acquisti fiducia e si avvicini di più. Ecco allora l'occasione per scattare qualche foto che ripaga la fatica e distoglie l'attenzione dal momento di crisi appena superato. Se vi è già capitato di fotografare volpi "addomesticate" avrete notato che hanno spesso atteggiamenti che fanno pensare più ad un cane che ad uno scaltro predatore. Qui sopra una delle poche foto in cui sono riuscito a ritrarla in modo dignitoso per la sua specie.

Una volta compreso che non abbiamo molto da offrirle la volpe ci lascia e riprende il suo cammino verso il rifugio, dove probabilmente è ospite fissa a cena (la vedremo infatti aggirarsi nei dintorni in serata). Percorre una decina di metri e si gira a guardarci un'ultima volta, come ad invitarci a seguirla. Riprende anche la nostra salita, anche se con passo decisamente meno agile. Un altro compagno è in difficoltà, anche lui bloccato dalla fatica e dalla quota. Ci fermiamo ancora un po', mentre i primi del gruppo appaiono già come dei puntini e sono ormai giunti alla meta. Ad un centinatio di metri sotto al rifugio ci apprestiamo ad affrontare l'ultimo tratto, che però è coperto da un fastidioso strato di neve. Ci separiamo per salire al rifugio, lasciare gli zaini e ridiscendere in aiuto del compagno. Un (pen)ultimo sforzo ed eccoci a destinazione. Qualcuno (per sua fortuna) è già sotto la doccia, qualcuno no ed è quindi eletto volontario ad accompagnarmi nella ridiscesa. Poco dopo l'inizio del tratto sulla neve ecco il compagno in difficoltà che nel frattempo si è rimesso in cammino e seppur a passo lento prosegue verso il rifugio, che finalmente raggiungiamo insieme. Per lui purtroppo a cena ci saranno una camomilla e qualche biscotto, mentre noi, dopo una veloce doccia con l'ultima acqua calda rimasta, ci apprestiamo ad un bel piatto di pizzoccheri in piena estate.

Uno degli obiettivi dell'escursione era quello di sperimentare un rifugio vero, di quelli che bisogna guadagnarsi con un po' di fatica, dove le auto non arrivano, dove non ci sono tutti i confort a cui siamo abituati. Il V Alpini rispecchia perfettamente questo tipo di rifugi: le stanze sono camerate, serve il sacco lenzuolo, gli spazi sono limitati e l'acqua calda va usata con parsimonia.

Affaticati ma soddisfatti ci godiamo la cena. Fuori la temperatura scenderà sotto zero, dentro siamo ai tropici. Ci guardiamo intorno ed ecco l'altra faccia della medaglia: ad un tavolo un gruppo di genitori consuma il pasto mentre i figli di pochi anni giocano come se si trovassero in vacanza al mare; l'altro tavolo è occupato da un gruppo di signori sulla settantina, che ridono, raccontano ad alta voce episodi passati e cantano bevendo grappa. Ricordate quello che ho detto in apertura sullla soggettività della difficoltà dell'escursione?

Ma ormai si è fatto tardi, una nuova tappa ci attende l'indomani e dobbiamo recuperare le forze. Guadagnamo la nostra camera (sei letti per sette persone) e cerchiamo di riposare. Chi ha deciso di portarsi il cavalletto sulle spalle per (quasi) tutto il percorso ne approfitta per qualche scatto in notturna. Gli altri si scambiano uno sguardo: nessuno vuole sapere quanto freddo fa fuori.

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Giorno II - Rifugio V Alpini -> Rifugio Forni

La notte non è stata facile, più o meno tutti abbiamo fatto fatica a dormire. Mi sveglio con il consueto mal di testa che mi accompagna prima che il mio fisico si adatti all'altitudine. Apro la porta ed ammiro il panorama: la valle e le montagne tutt'intorno. L'aria è fresca, anzi, fredda. Il sole non l'ha ancora scaldata a sufficienza. Facciamo colazione, qualche foto e prepariamo gli zaini. Qualcuno trova l'ispirazione per qualche posizione yoga d'alta montagna. Siamo pronti a rimetterci in cammino, ma chi è partito prima di noi torna indietro dopo pochi metri. La neve nel tratto in ombra è ghiacciata e senza ramponi non si scende. Noi non li abbiamo ed allora ci godiamo ancora qualche decina di minuti di riposo, osservando il paesaggio, in attesa che il sole si alzi e renda più docile il ghiaccio. Salgo un po' di metri sopra il rifugio e scatto altre foto. Mi accingo ad andare più in alto quando finalmente pare che il sentiero sia percorribile. Con l'aiuto di un ragazzo del rifugio, che salta qua e là come uno stambecco, iniziamo a scendere insieme agli altri ospiti del V Alpini.

Percorriamo il tratto ghiacciato piantando bene i talloni nei gradini che si formano man mano che le persone ricalcano la traccia ed aiutandoci di tanto in tanto con i bastoncini. Terminato il tratto ai piedi del rifugio proseguiamo a sinistra in direzione del passo Zebrù. Qualcuno dice che potrebbe esserci un po' di neve. Avrà ragione. Ma noi affrontiamo le difficoltà una alla volta. Per ora non si sale, ma bisogna attraversare il pendio che spesso è ricoperto dalla neve ghiacciata, che ormai abbiamo imparato a trattare con le giuste maniere: colpi ben assestati, un po' di equilibrio e bastoncini per chi li ha. Qualche tratto richiede attenzione: se si scivola si fanno diversi metri sul ghiaccio prima che riprendano i sassi. Nessuno ha intenzione di scoprire quanto ci si fa male cadendo e così superiamo anche questo ostacolo.

Il sole è ormai alto e la temperatura gradevole. Le poche ore di sonno ed il difficile risveglio sono già un ricordo. Ci fermiamo ogni tanto per cercare di vedere la traccia in lontananza ed indovinare dove dovremo passare. Un po' di cioccolato per mantenere le energie, qualche foto perché anche l'occhio vuole la sua parte. Ritroviamo i signori della sera precedente, che si dirigono verso il Rifugio Pizzini. Ci alterniamo al comando. Raggiungiamo una piccola parete che superiamo insieme con l'aiuto delle catene fissate alla roccia. Sono pochi metri, ma la neve rende il breve tratto un po' insidioso. Le rotelle dei bastoncini sono troppo piccole, li fanno affondare nella neve e si sganciano. Rischio di perderle due o tre volte e devo affondare tutto il braccio e la spalla per recuperarle. Superato anche questo ostacolo vediamo davanti a noi il passo, ma lo spazio che ci separa è coperto di neve e non sono visibili tracce del passaggio di qualcuno. Un po' titubanti sul percorso da seguire ecco che il primo inizia ad avanzare. Ci affidiamo all'esperienza e Sebino fa da apripista, incitato dai suoi amici. Si capisce che è lui il più intraprendente, il loro "capocordata". Lo seguiamo in fila indiana, seguendo le sue orme. La maggior parte dei passi va bene, ma ogni tanto sprofonda tutta la gamba. Mi guadagno il mio momento di gloria alla guida, perché sono più leggero e sprofondo di meno. Raggiungiamo una specie di isola di rocce nel mare di neve. Poco prima Bruno fa un passo falso e finisce pancia nella neve, con tanto di zaino sulle spalle a tenerlo giù per bene. Lo aiutiamo a rialzarsi e riparte come se niente fosse (grande Bruno!). Affrontiamo l'ultima lingua di neve che ci separa dalla cima e siamo finalmente con i piedi all'asciutto.

Di fronte a noi si apre ampia la valle e vediamo la discesa che ci attende. La parte difficile è ormai alle nostre spalle e ci aspetta una comoda discesa verso il Rifugio Pizzini. Ci fermiamo un po' al passo e come al solito c'è chi preferisce le foto, chi il cioccolato, chi lo yoga.

Doverosa foto di gruppo ed inizia la discesa in direzione Rifugio Pizzini, minuscolo al cospetto del ghiacciaio del Cevedale che si staglia imponente alle sue spalle. Non c'è che da ammirare il panorama circostante. Una trentina di minuti di cammino e siamo al rifugio. Pausa con pranzo e meritatissima birra ghiacciata, mentre getto uno sguardo al Rifugio Casati (3269m) e penso che lì sì che di neve ce ne deve essere tanta. Manca poco più di un'ora di strada alla meta del nostro secondo giorno, ma la soddisfazione è già grande: l'ostacolo di oggi si è rivelato più difficile di quanto atteso, ma è ormai superato. Ci prepariamo a rimetterci in cammino, ma prima vado a cercare i compagni di viaggio per salutarli e ringraziarli della piacevole compagnia. Loro dormiranno qui, ma noi siamo diretti al Rifugio Forni, circa 500m più in basso.

Scegliamo il sentiero che segue il corso del torrente. Il percorso è agevole, la discesa graduale e senza difficoltà. Mi fermo ogni tanto a guardare indietro, la vegetazione è ricomparsa e contrasta con le lontane cime imbiancate dalla neve. Scendiamo con calma, qualcuno non vede l'ora di arrivare al rifugio ed allunga il passo, mentre io sperimento il filtro neutro appena acquistato (Hoya ND400 77mm). Guardando in basso sulla sinistra scorgo qualche timidissima marmotta che si nasconde immediatamente. Il sole scende e la luce si fa più diffusa quando ancora non si vede la meta che però non è molto distante. Finalmente sotto di noi spunta il rifugio. Dobbiamo scendere ancora un po'. L'ultimo tratto è fatto di tornantini nella vegetazione, dove compare ancora qualche marmotta. Quando mi appare anche una mucca è chiaro che siamo ormai a destinazione.

Il Rifugio Forni è molto più accogliente del V Alpini, assomiglia più ad un albergo, è dotato di stanze e ristorante. Dopo due giorni intensi non possiamo chiedere di meglio. Doccia calda, cena, partita a calcio balilla e tutti a letto, questa volta divisi in tre stanze. Anche il secondo giorno è andato e ci ha regalato soddisfazioni e bei ricordi.

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Giorno III - Rifugio Forni -> Niblogo

La sveglia è nettamente meno traumatica di quella del giorno precedente. La quota non è più un problema ed il sonno senza interruzioni ha portato il riposo necessario. Ci alziamo con calma e facciamo colazione, pronti per l'ultima tappa che ci riporterà al punto di partenza, tutta in discesa ma più lunga delle precedenti. Ci avviamo per il sentiero che entra nel bosco, dove il terreno è reso soffice dagli aghi di pino. Quando ne usciamo ammiriamo ancora le montagne alla nostra sinistra. Muovendo lo sguardo dall'alto al basso il grigio della roccia svanisce e lascia spazio a prati verdi ed alberi. Continuiamo la discesa, mentre si fanno frequenti i corsi d'acqua che scendono dalla montagna alla nostra destra. Passiamo il bivio con il sentiero che sale verso il Confinale. Qualche ponticello, qualche baita, prati con fiori colorati ed insetti ci accompagnano fino all'Agriturismo Ables, dove ci fermiamo per pranzare. La giornata è calda e soleggiata. Mangiamo su uno dei tavoli all'aperto. Un ombrellone ci ripara dal sole.

Riprese le energie ripartiamo salendo leggermente e continuando a costeggiare il pendio all'aperto, camminando tra l'erba in cui il sentiero sembra ogni tanto perdersi. Rientriamo in un bosco, dove troviamo un po' di riparo dal sole. Ad un certo punto scorgiamo qualcosa poco sotto di noi: è un cerbiatto, è appollaiato sotto un albero, anche lui alla ricerca di un po' di ombra. Procediamo lentamente ed in silenzio, faccio qualche scatto, ma la composizione è quella che è. Ci sta guardando e ad un certo punto decide che siamo troppo vicini: si alza e si precipita giù per il pendio, scomparendo tra rami ed arbusti. Andiamo avanti ed il bosco si apre in prossimità di un casolare. Un cane inizia ad abbaiare quando siamo ancora lontani, qualche mucca pascola tranquillamente in mezzo al sentiero. Le passiamo accanto e proseguiamo la nostra discesa. Iniziamo ad essere stanchi, i tre giorni di cammino zaino in spalla si fanno sentire. Incontriamo diverse baite e casette di legno abbandonate. Entriamo ancora in un bosco dove si scende su di una strada sterrata abbastanza larga ma ripida. Arriviamo ad un bivio in prossimità di un paesino, cerchiamo qualcuno per evitare di sbagliare strada. Alla fine ci viene indicata la strada giusta e giù ancora verso il punto di partenza che abbiamo lasciato due giorni prima. Giungiamo infine al parcheggio dove possiamo finalmente riposarci.

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Conclusioni e suggerimenti

Lo so, nel racconto di questa escursione ho fornito pochi dettagli fotografici, ma ho voluto dare la precedenza al bel ricordo delle persone, degli animali e dei paesaggi incontratidi durante questi tre giorni trascorsi tra le montagne a contatto con la natura. Spero che mi possiate perdonare. Cercherò almeno di recuperare qui con qualche consiglio che spero possa esservi utile.

Se avete intenzione di affrontare un'escursione di più giorni è importante scegliere bene cosa portare, dato che ce l'avrete sulle spalle per molte ore. Uno zoom che copra un buon intervallo di distanze focali rappresenta un ottimo compromesso tra la libertà di composizione ed il peso. Vi sconsiglio di caricarvi ottiche luminose ma pesanti, dato che generalmente dovreste avere a disposizione condizioni di luce buone ed anche pochi etti in più potrebbero risultare fastidiosi.

Potrebbe essere utile anche un grandangolo, ma dipende da cosa pensate di fotografare. Un filtro polarizzatore non vi appesantirà di certo, anche se in montagna più andate in alto e meno ne sentirete il bisogno. Se ce l'avete portatevi anche un filtro neutro tipo Hoya ND400, che vi permetterà di smussare le increspature dell'acqua dei torrenti che incontrerete. Normalmente sarebbe necessario l'uso del cavalletto, ma potete tranquillamente accontentarvi di qualche appoggio naturale e risparmiarvi la fatica di caricarvi sulle spalle almeno un paio di chili di troppo. Se ce l'avete portatevi anche un telecomando, ma in caso contrario potete sfruttare lo scatto ritardato.

Chi ama fotografare il cielo sa bene che in montagna le condizioni sono particolarmente favorevoli, grazie alla quasi totale assenza di inquinamento luminoso ed al fatto che in quota l'aria si fa più rarefatta e più adatta agli scatti in notturna (non a caso gli osservatori astronomici si trovano generalmente ad alta quota). In questi casi trovare una sistemazione naturale per la fotocamera potrebbe essere più difficile, dato che vi troverete al freddo e al buio, ed un cavalletto renderebbe le operazioni più semplici. Si tratta inoltre di uno dei casi in cui un grandangolo potrebbe darvi delle soddisfazioni. A voi decidere se qualche scatto della via lattea può valere il peso aggiuntivo da mettere nello zaino. A proposito, dove pensate di mettere la vostra fotocamera? Se dovete portare con voi anche cambio, sacco lenzuolo, e quant'altro dovrete rinunciare al vostro zaino per reflex. Sconsigliate le borse a tracolla classiche, che ciondolerebbero in continuazione e vi farebbero camminare con la schiena storta. Una soluzione molto semplice è lo zaino da montagna, dove fotocamera ed al massimo un paio di obiettivi troveranno sicuramente posto. Fondamentale però la presenza del telo antipioggia, di cui quasi tutti gli zaini sono provvisti. Un'alternativa è costituita da zaini da montagna dedicati anche al trasporto di materiale fotografico. Lowepro, per esempio, ne realizza diversi modelli.

Se avete domande o commenti potete usare la sezione qui sotto o scrivermi via email.

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FAQ

Cosa devo portare per un'escursione di tre giorni?

Se dovete camminare per tre giorni in montagna ci sono delle cose che non dovete assolutamente dimenticare di portare con voi. In montagna le condizioni meteo possono cambiare rapidamente. Diffidate dei siti che fanno previsioni con precisione geografica millimetrica ed a distanza di diversi giorni e preparatevi piuttosto ad affrontare indifferentemente sole o pioggia (e neve in qualche caso). Non dimenticate la protezione solare per tutte le parti esposte, ma portate nello zaino anche un k-way o una giacca impermeabile in caso di pioggia. Non trascurate il vostro zaino e la vostra fotocamera e portate con voi anche un telo antipioggia. Questi sono solo alcuni consigli. Per maggiori informazioni potete consultare chi le escursioni le organizza per lavoro: un ottimo sito è ZainoinSpalla.it

Quando vado in alta montagna mi capita spesso di avere mal di testa. Perché?

Il mal di testa è uno dei sintomi del mal di montagna. Si tratta di un problema che insorge oltre una certa quota a causa della riduzione della pressione atmosferica e della conseguente carenza di ossigeno di cui risente il nostro organismo. Ogni individuo ha una soglia al di sopra della quale il fisico suona un campanello di allarme (io per esempio ho notato che la mia soglia è attorno ai 2200m). Il mal di montagna può avere anche conseguenze gravi. Il corpo umano è una macchina in grado di adattarsi anche a condizioni avverse, ma ha bisogno di un periodo di acclimatamento (vi rimando ancora al link poco sopra). Se i sintomi persistono l'unica soluzione consiste nella discesa, dove l'organismo può ritrovare l'equilibrio a cui è abituato.

- 11 Giu 2014 -



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#1 marco
31-Aug-14 20:50
bell'articolo, completo, dice tutto in modo obbiettivo, suppure nella soggettività di ognuno. Grazie!
#2 duckphoto
16-Sep-14 01:16
Ciao Marco, causa ferie rispondo solo ora: grazie, sono contento che ti sia piaciuto!