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Vietnam - Bac Ha e Sapa

Informazioni

Luogo: Vietnam - Can Cau, Bac Ha, Sapa
Periodo: 06 Set 2014 -> 12 Set 2014
Caratteristiche: paesaggio, natura, street, ritratti
Consigli: non perdete i mercati di Bac Ha e Can Cau; prenotate un trekking con pernottamento in homestay

Attrezzatura

Fotocamera: Nikon D5000, Nikon D5200
Obiettivi: Nikkor AF-S DX 18-105mm f/3.5-5.6G ED VR, Nikkor AF-S DX 35mm f/1.8G, Sigma 10-20mm f/4-5.6 EX DC HSM, Nikkor AF-S 70-200mm f/2.8G ED VRII
Filtri: CIR-PL Hoya HD 67mm, CIR-PL Hoya HD 77mm


Eccoci infine all'ultimo dei tre articoli che raccontano il viaggio di tre settimane in Vietnam.


Sotto trovate la mappa completa del viaggio ma in questo terzo capitolo mi soffermerò in particolare sulla visita delle principali località di montagna situate a nord-ovest della città di Hanoi, dove le antiche tradizioni sono ancora attuali nonostante i numerosi cambiamenti portati dal turismo e dal progresso.

ˆ inizio

In viaggio verso le montagne

Atterrati all'aeroporto di Hanoi facciamo ritorno in città, dove ci riposiamo un po' in vista dei giorni che ci attendono. Il nostro programma prevede quattro giorni tra le montagne della provincia di Lao Cai, a brevissima distanza dal confine con la Cina. La zona è una delle preferite per chiunque ami la fotografia, per le distese di coltivazioni terrazzate di riso e per i coloratissimi mercati dove si riuniscono le numerose etnie che perdiodicamente si recano a comprare e vendere merci con i loro abiti tradizionali. Trascorreremo la prima notte a Bac Ha, sede del più noto e grande mercato della zona, per poi spostarci a Sapa, circondata dalle risaie, ed infine passare una notte in un villaggio nei dintorni, dopo una camminata che ci porterà a risalire la valle.

La zona è raggiungibile in treno, viaggiando di notte in carrozze letto, o in autobus. Noi abbiamo scelto la prima opzione in modo da risparmiare tempo data la lunghezza del viaggio. Per quanto riguarda i treni è bene precisare che sono disponibili diverse offerte con fasce di prezzo molto diverse tra loro. Il trattamento è ovviamente proporzionale al prezzo. Di fatto i treni che percorrono la tratta ogni giorno credo che siano solo due o tre, ma ognuno è dotato di carrozze allestite in modo diverso, in base alla fascia di prezzo selezionata. In sostanza potete acquistare posti seduti ("hard seat", ovvero su panche di legno o "soft seat", ovvero su sedili morbidi), oppure in cuccetta ("hard sleeper", ovvero letto duro, oppure "soft sleeper", ovvero letto morbido). A voi la scelta, ma tenete conto che sul treno dovete trascorrere almeno dieci ore all'andata ed al ritorno. Il tempo necessario a coprire i soli 350km che separano Hanoi da Lao Cai, destinazione obbligata per accedere a tutte le località di montagna, è infatti molto superiore rispetto a quanto ci si potrebbe attendere. Inoltre non fate troppo affidamento sull'orario di arrivo in quanto un po' di ritardo è da mettere in conto. Da Lao Cai, il capoluogo della provincia, è possibile raggiungere le località circostanti in autobus o in taxi (generalmente si tratta di furgoni), ma la maggior parte dei pacchetti che si possono acquistare in agenzia o online prevedono anche i trasferimenti.

La stazione di Hanoi si trova in Le Duan Street 120, ma i treni per Lao Cai partono dalla stazione B, che si trova in Tran Quy Cap, la via parallela più a ovest. Arriviamo circa un'ora prima della partenza programmata dato che dobbiamo ritirare i biglietti prenotati online. Per averli ci vuole un po', ma saliamo sul nostro treno con largo anticipo assieme alla maggior parte dei passeggeri, quasi tutti turisti. Abbiamo scelto una delle carrozze "soft sleeper". Le cuccette sono in ordine e pulite, con tanto di ciabattine monouso oltre ad un paio di snack e l'immancabile bottiglietta d'acqua. In sottofondo si sente il rumore dell'aria condizionata (che non è regolabile). Fin qui tutto a posto. Lo scompartimento è da quattro posti e poco dopo arrivano le nostre compagne di viaggio, due ragazze francesi. Una delle due non ha molta voglia di parlare, nonostante ci mostriamo subito disposti a parlare la loro lingua. L'altra è più socievole e scambiamo qualche parola. Passa il controllore a controllare i biglietti e ci raccomanda a gesti di chiudere lo scompartimento a chiave durante la notte. D'altra parte questo lo dicono anche sulla tratta Milano-Parigi. Dopo qualche minuto ecco che il treno si mette in moto, tra cigolii ed ondeggiamenti. Ci guardiamo tutti con sguardo interrogativo, chiedendoci come sarà il nostro viaggio, quando ad un tratto il treno si arresta con un brusco scossone. Ci scambiamo un sorriso: d'altra parte se vogliamo andare a Sapa la strada è questa. Siamo tutti stanchi e non passa molto prima di spegnere la luce e cercare di dormire. Tutto sommato il viaggio non è andato male, anche se il sonno è stato interrotto più volte dai vari ondeggiamenti e rumori del treno. Diciamo che la sensazione, smentita dal tempo di percorrenza, è di andare ad una velocità abbastanza sostenuta ed in qualche caso ho credito che stessimo per uscire dai binari, ma evidentemente era tutto a posto. Non ho quasi mai provato a guardare cosa si vedesse fuori, ma le poche volte che l'ho fatto non sono riuscito a vedere granché, neanche durante le pause fatte in qualche stazione chissà dove. E' mattina presto quando un'addetto del treno passa a bussare energicamente ad ogni scompartimento per segnalare l'imminente arrivo in una stazione dal nome a me sconosciuto, ma noi e praticamente tutti i passeggeri scendiamo al capolinea, dove arriviamo poco dopo, con circa un'ora e mezza di ritardo.

ˆ inizio

Il mercato di Can Cau

Ad attenderci all'uscita della stazione c'è uno stuolo di taxi a caccia di turisti e guide che aspettano i loro clienti. Individuiamo la nostra guida. E' un ragazzo molto giovane, si presenta in un buon inglese e ci conduce al furgoncino con cui ci muoveremo. Ad accompagnarlo c'è l'autista, che invece parla solo vietnamita. Una breve pausa per colazione e partiamo per Bac Ha. Non so la distanza esatta ma per raggiungere il paese da Lao Cai serve circa un'ora di auto. La strada non è particolarmente tortuosa ma è in qualche punto un po' dissestata. Durante il viaggio la guida ci racconta un po' di cose sulla zona, sui mercati e sulle abitudini della gente.

A Bac Ha lasciamo lo zaino in albergo e proseguiamo quindi per Can Cau, sede del primo mercato che visiteremo nella zona. La strada mi pare sempre tranquilla. Khan, la nostra guida, ci spiega che la valle di Sapa, che da Lao Cai si trova dalla parte opposta rispetto a Bac Ha, è in una valle più ripida con strade un po' più insidiose. Ci dice che pochi giorni prima c'è stato un grave incidente ed un autobus è finito giù da una scarpata. Ora capisco le raccomandazioni fatte dal ragazzo in aeroporto due giorni prima. Apro una parentesi per precisare che a me le strade della zona, compresa quella per Sapa sono sembrate del tutto normali. Ogni tanto c'è qualche buca ed in qualche punto scorre un po' d'acqua, ma niente di più. Nel punto dell'incidente la strada era ampia e probabilmente chi guidava ha avuto un colpo di sonno o un problema all'autobus. Detto in breve credo sia sbagliato dire che queste strade sono pericolose: lo sono quanto una strada di montagna.

Dopo altri trenta minuti raggiungiamo Can Cau. Non c'è un vero e proprio paese ma piuttosto un ampio spazio ai bordi della strada nel mezzo del nulla, dove sono allestite numerose bancarelle. Il clima fortunatamente è favorevole: il cielo è coperto quanto basta per evitare il sole cocente ma della pioggia non si vede neanche l'ombra. Immagino come sarebbe stata quella mattina con il sole a picco o con la pioggia battente ma sono contento di non averlo scoperto. I teli che ricoprono alcune bancarelle sono in ogni caso adatti ad ogni condizione, mentre i commercianti sono muniti di ombrelli che non esitano ad aprire anche quando qualche raggio di sole fa capolino tra le nuvole. Quando arriviamo il mercato è già lì da diverse ore, ma è ancora in piena attività. Uomini e donne di tutte le età, da bambini che ancora non camminano a persone anziane con i tratti del viso marcati dal passaggio del tempo. Notiamo immediatamente gli abiti multicolore di alcune donne, in particolare quelle appartenenti all'etnia Flower Hmong. Khan ci accompagna per un primo giro del mercato, in cui ci mostra la zona dedicata al cibo, quella dedicata all'abbigliamento e quella per il bestiame. Continuiamo poi a girare per i fatti nostri, curiosando qua e là e facendo un sacco di foto. Una giovane ragazza allatta discretamente il suo bambino. Resto colpito dal sorriso della donna qui sopra e del suo bambino. Ogni volta che riguardo la foto mi rendo conto che raramente ho visto un sorriso di una tale energia.

Tutte le donne, comprese le bambine, indossano i caratteristici abiti colorati che distinguono la loro etnia. Qualcuna porta in spalla il proprio figlio, avvolto in un telo degli stessi colori degli abiti. Tutte si danno da fare: chi sistema la merce, chi la controlla, chi vende, chi compra. E' tutto in continuo e costante movimento, ma non c'è frenesia. Gli uomini vestono invece abiti occidentali. Si occupano principalmente del commercio degli animali, soprattutto bufali, e sono concentrati nella zona dedicata, in uno spiazzo poco più in basso. Quelli che invece girano per la parte rimanente del mercato sono decisamente meno coinvolti nelle attività commerciali e la maggior parte preferisce fumare tabacco con enormi tubi di bambù o giocare a scacchi sorseggiando grappa di riso. I turisti non mancano neanche qui, ma non ricordo di averne visti molti, probabilmente perché non si tratta di un mercato molto conosciuto e si trova inoltre abbastanza fuori mano rispetto ai classici giri.

La mattina trascorre così, girando ripetutamente tra i banchi del mercato e notando ogni volta qualcosa di nuovo, fotografando uomini, donne e bambini mentre ripetono i loro gesti abituali. Nonostante l'atmosfera sembri quella di un tempo passato e lontano ci sono dei dettagli, peraltro ben visibili, che ci riportano inesorabilmente ai nostri giorni. Ci sono infatti persone che magari possiedono pochi vestiti ma hanno un motorino ed uno smartphone (probabilmente proveniente dalla vicina Cina). Dopo pranzo facciamo una passeggiata in un piccolo villaggio nei pressi di Bac Ha, dove torniamo poco dopo per dare un'occhiata alla piazza che ospiterà l'indomani il mercato più grande della zona. Lo spazio è già stato preparato per accogliere i commercianti ed una buona parte è ricoperta da teli colorati sotto i quali sono sistemate delle file di banchi in legno fatti di piccoli tronchi legati tra loro. Nei dintorni si aggirano persone in abiti tradizionali, i cui colori identificano le etnie di appartenenza: si tratta di coloro che abitano lontano da Bac Ha e si recano in paese il giorno precedente per essere già sul posto la mattina presto, quando il mercato inizierà ad animarsi. Dopo un breve giro lasciamo la piazza per riposarci nell'attesa del giorno del mercato.

ˆ inizio

Il mercato di Bac Ha

Ci svegliamo e troviamo una giornata dal cielo coperto ma non minaccioso. Scendiamo a fare colazione e la nostra guida è già lì che ci aspetta. L'albergo è ad una cinquantina di metri o poco più dal mercato. Ci sediamo vicino alla finestra mentre lungo la via sfilano le persone che si dirigono verso la piazza. La maggior parte dei venditori ha già preso il proprio posto ma si vede ancora qualcuno con il suo carico di merce, principalmente frutta e verdura. Tutti gli altri cono invece gli aspiranti compratori, che arrivano di buon ora per assicurarsi gli articoli migliori. Terminiamo la colazione, tè caldo ed un po' di frutta, e facciamo per pagare, ma il proprietario non vuole niente perché secondo lui non abbiamo consumato granché. Ancora una volta rifletto sul fatto che siamo turisti in un angolo remoto del Vietnam, ma siamo trattati molto meglio qui che in molti hotel più vicini a casa nostra. L'albergo non si può definire un quattro stelle ma è più che dignitoso, a conduzione familiare. Sul muro spicca una foto di matrimono del proprietario e di sua moglie, entrambi molto giovani. Le stanze sono semplici ma pulite, anche qui con il classico set da toilette che comprende tra le altre cose spazzolino e dentifricio, oltre alla solita bottiglietta di acqua minerale. Il proprietario ed il personale sono molto gentili e disponibili. Non tutti conoscono l'inglese e quando lo parlano è decisamente elementare, ma ci si capisce lo stesso.

Lasciato l'albergo ci dirigiamo anche noi verso il mercato. Il silenzioso scheletro di bancarelle inanimate del giorno precedente è ora una rumorosa esplosione di colori e movimento. Donne di tutte le età camminano tra i banchi e lungo le strade. Vendono, acquistano, si incontrano, discutono. Gli uomini sono concentrati nella parte del mercato dove si comprano e vendono animali, mentre qualcuno di loro vende carne. Molti preferiscono invece mangiare e bere, più interessati a soddisfare i loro piaceri personali che alle attività commerciali.

Non passa molto tempo ed il cielo si apre, svelando un caldo sole da cui tutti prontamente cercano di ripararsi. I colori degli abiti tradizionali si scaldano, i visi sorridenti sembrano acquistare una maggiore espressività, la luce delinea i contorni delle persone che animano la piazza. Ripercorriamo molte volte lo stesso percorso. Sembra strano ma con una tale quantità di soggetti da fotografare, di espressioni da cogliere, di situazioni da catturare, resto spiazzato. Non so quasi da che parte girarmi. Attorno a me tutto cambia rapidamente. Faccio appena in tempo a notare qualcosa che già quell'istante è trascorso, passato, svanito. La fotocamera mi sembra un'arma sottodimensionata, un giocattolo che nulla può contro questo arsenale di attimi sfuggenti, apparentemente unici ma che talvolta si ripetono, altrettanto evasivi, quasi a beffarsi di chi cerca di fermarli.

Dentro di me penso però di avere la grande fortuna (e forse anche un po' di merito) di essere lì a vedere queste scene con i miei occhi, e poco importa se non è possibile immortalare qualsiasi cosa, in fondo è giusto che sia così e l'importante è averle vissute.

Come al mercato di Can Cau anche qui ogni zona è riservata ad un certo tipo di articoli. Sulla piazza si trovano principalmente alimentari ed articoli vari di uso comune. Attraversando la strada una serie di bancarelle si occupa esclusivamente di abbigliamento e si possono trovare sia capi già cuciti che tessuti e fili di tutti i tipi. Molte sono le donne che si cuciono da sé l'abito tradizionale e questo è il posto giusto per trovare quello che cercano. Girano per i banchi in gruppetti distinguibili per la loro etnia, si fermano, controllano, discutono, si confrontano, contrattano, a volte comprano, a volte proseguono. La scena si ripete più e più volte, ma mai nello stesso modo. Infine, percorrendo una piccola salita, si raggiunge la zona destinata al commercio degli animali. Sotto ai teli colorati non mancano le bancarelle che cucinano in continuazione, come in continuazione si alternano i loro clienti. Dalle prime luci dell'alba all'ora di pranzo i pentoloni sfuffano senza sosta, mentre ai tavoli si alternano uomini, donne e bambini.

Nonostante lo spazio a disposizione sia esteso la piazza è molto frequentata e piena di gente. Durante le due o tre ore trascorse al mercato ho usato il Nikkor AF-S DX 18-105mm f/3.5-5.6G ED VR, utile per le foto ambientate e negli spazi più ristretti, ed il Nikkor AF-S 70-200mm f/2.8G ED VRII, un po' lungo in qualche situazione ma ideale per isolare alcune scene. Se qualcuno preferisce ottiche fisse bene, ma in situazioni del genere, con molte persone in movimento e gente che ti passa davanti in continuazione, credo che uno zoom sia la scelta migliore.

Quando decidiamo di lasciare il mercato, ormai soddisfatti di quanto visto e con le memorie piene, buona parte delle persone è già sulla via di casa, ma la quantità di gente è tale da mantenere la piazza ancora animata. Il nostro tempo qui è esaurito, Sapa e le sue piantagioni di riso ci attendono nella valle opposta. Lungo la strada abbiamo ancora il tempo per un breve giro in barca lungo il corso di un fiume. l'imbarcazione è un insieme di lamiere dotate di motore piuttosto rumoroso, rudimentale ma efficace nel farsi strada contro la corrente dell'acqua. Terminato il giro salutiamo la nostra guida e ci affidiamo all'autista che in circa due ore ci condurrà nella più famosa località della provincia di Lao Cai.

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La valle di Sapa

Non so perché ma nella mia immaginazione Sapa doveva essere un piccolo paesino di montagna fatto di due o tre piccole strade e poco più. In realtà si tratta di un paese tutt'altro che piccolo, con numerose strade, piazze, negozi e soprattutto hotel. Il turismo è la risorsa principale di questa località montana del Vietnam ed attorno ad esso ruota gran parte dell'economia della zona. Per essere precisi il vero motivo che alimenta il flusso ininterrotto di visitatori sono le immense distese di colvivazioni di riso che ricoprono tutta la vallata donandole il caratteristico colore giallo delle piante prima della mietitura. L'avversa conformazione del territorio, con i suoi ripidi pendii, non ha infatti impedito agli abitanti locali di creare una distesa di risaie, realizzate grazie al terrazzamento delle montagne circostanti. Se da un lato questa soluzione ha consentito di sfruttare al meglio le caratteristiche climatiche della zona, dall'altro ha reso il panorama unico e per questo quasi irrinunciabile per molti turisti, che per poterlo ammirare sono disposti al lungo viaggio in treno che ho descritto sopra.

Giunti a Sapa nel pomeriggio ci limitiamo a visitare il posto, curiosando qua e là nei dintorni del lago per poi dirigerci verso la parte più centrale e dare un'occhiata a qualche piccolo negozio. Tra i tanti articoli si notano facilmente diversi capi di abbigliamento del noto marchio The North Face. I prezzi sono particolarmente bassi rispetto a quelli europei, ma osservando la loro realizzazione è facile concludere che molti articoli sono probabilmente contraffatti. In ogni caso The North Face produce in Vietnam, quindi non escludo la possibilità di trovare qualcosa che sia allo stesso tempo di buona qualità e conveniente, ma controllate bene la manifattura e l'etichetta speciale che viene cucita sui capi originali.

A partire dal giorno successivo ci aspetta un giro di due giorni tra i villaggi della vallata. Nonostante le numerose proposte a disposizione ci siamo affidati alle Sapa Sisters in base alle esperienze positive di un nostro amico e di altre persone che hanno fatto dei giri con loro. Si tratta di un gruppo composto eclusivamente da donne appartenenti all'etnia Hmong, che accompagnano i turisti nell'esplorazione della valle ed attraverso i villaggi della zona. I trekking possono avere durata variabile, che può essere concordata in base alle esigenze, ed hanno come caratteristica principale la scelta di percorsi meno battuti, in modo da offrire un'esperienza più personale rispetto al turismo di massa. Nei giri di più giorni è possibile pernottare presso una homestay, ovvero un'abitazione locale che si trova in uno dei villaggi lungo il percorso. In alternativa è possibile trascorrere la notte a casa della guida, ma in questo caso i comfort sono ovviamente ridotti in modo notevole. Per maggiori informazioni vi invito a visitare direttamente il loro sito web.

Qui sotto trovate la mappa con le principali tappe del nostro giro (in rosso) oltre a qualche altro punto di interesse (in arancio). Ho provato a ricostruire la posizione dei villaggi da una mappa cartacea e cercando in rete, quindi le posizioni potrebbero non essere precise.

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Trekking nella valle - I giorno

La mattina siamo pronti ad affrontare il nostro giro tra le montagne del Vietnam. Terminata la colazione non passa molto prima di incontrare Chin, la nostra guida, che ci viene a prendere direttamente in hotel. Sarà lei che ci accompagnerà nei due giorni successivi tra i sentieri della valle. Chin è una ragazza molto giovane e come scopriremo già mamma di un bambino, parla un ottimo inglese ed è accompagnata da altre tre donne che ci seguiranno nel primo tratto della camminata ma che non hanno niente a che fare con le Sapa Sisters. Si tratta di abitanti della zona che all'occorrenza offrono un po' di aiuto e che cercheranno di venderci (con successo) qualche piccolo oggetto. Parlano solo la loro lingua ma abbozzano qualche frase standard in inglese e non esitano a dispensare grandi sorrisi.

Facciamo una breve sosta al quartier generale delle Sapa Sisters, dove lasciamo ciò che non vogliamo portarci sulle spalle. Qui è possibile affittare a prezzo irrisorio delle scarpe da trekking (non aspettatevi niente di particolare) che possono essere particolarmente utili in caso di pioggia qualora non vogliate affondare le vostre in uno spesso strato di fango.

Via, si parte: ci incamminiamo lungo una strada asfaltata tra altissime piante di bambù dai fusti enormi. Non passa molto prima che il numero di turisti cresca in modo significativo ma poco dopo abbandoniamo la strada e gran parte del gruppo per iniziare a percorrere un sentiero. E' una bella giornata, non si prevede pioggia e fortunatamente il sole è coperto quanto basta per non soffrire il caldo. Il sentiero che scende a zig zag verso il fondo della valle è prevalentemente asciutto ma la sua terra rossastra risulta comunque piuttosto scivolosa. Procediamo per una mezzora circa fino a raggiungere il fiume, che attraversiamo percorrendo un piccolo ponte senza pilastri, tirato ai due lati da spessi cavi di acciaio. Sulla sponda opposta c'è un piccolo baracchino. Al suo interno un signore vende bibite, mentre di fianco, sotto una tettoia, c'è un gruppetto di bambini. Sono tutti a piedi nudi ed il più piccolo indossa solo un maglione visibilmente più grande di lui. Noto che stanno giocando con qualcosa e solo poco dopo realizzo che quelli che hanno in mano sono due topolini morti.

Dopo una breve pausa riprendiamo il cammino. Intorno a noi le risaie sono dappertutto. Dato il periodo una buona parte del riso è già stata raccolta ma i contadini sono ancora in piena attività: alcuni campi sono colorati del giallo caldo delle piante ancora integre, altri sono ricoperti dai fasci di riso tagliato, diligentemente e regolarmente disposti in attesa della battitura, altri ancora, spogliati del loro rivestimento, svelano l'acqua sottostante. Qua e la si vedono le casse in legno usate per separare il riso dalle loro piante. I contadini afferrano i fasci servendosi di un apposito attrezzo e li sbattono energicamente sulle pareti delle casse, quindi li squotono al loro interno per far cadere i chicchi di riso che si sono separati dalle pianticelle. La procedura è sempre la stessa e si ripete senza fretta ma in modo regolare e ininterrotto.

Abbiamo ormai abbandonato tutti gli altri turisti per seguire un percorso pressoché solitario, in sola compagnia della nostra guida e delle sue accompagnatrici, che mentre camminano intrecciano dei fili di erba secca fino a dare loro le sembianze di piccoli oggetti. Incrociamo ogni tanto qualche motociclista che con il suo mezzo si inerpica lungo il sentiero portando con se carichi di merce. A pranzo ci fermiamo presso un'abitazione locale, costruita in legno. Il suo interno è occupato quasi interamente da una sala ai cui lati ci sono due spazi più piccoli. A destra una cucina elementare, fatta di poche stoviglie, un rudimentale supporto appeso al soffitto che contiene la legna ed un buco a terra su sui poggia una griglia. A sinistra un angolo con un letto impolverato ricoperto da una stuoia. Una scaletta a pioli conduce ad un soppalco dedicato alla zona notte. L'arredamento è quasi inesistente e si limita ad un piccolo ma massiccio mobile, qualche oggetto e poche fotografie in bianco e nero.

Mangiamo in perfetto stile vietnamita, seduti ad un tavolino bassissimo attorno al quale sono sistemate delle sedie minuscole, simili a quelle che da noi si usano all'asilo. Oltre al padrone di casa e a Chin ci hanno raggiunti suo marito ed il figlio di meno di un anno, che seduto sul letto gioca con altri due bambini. Riso, verdure cotte e carne sono il nostro pranzo, accompagnati da grappa di riso servita in piccole tazze di colore verde. Sulla grappa di riso ho un momento di esitazione, ma il padrone di casa ne sembra così fiero che non oso rifiutare. Dentro di me penso e spero che l'alcol che contiene sia sufficiente ad evitare problemi.

Dopo pranzo ci concediamo qualche minuto di riposo seduti all'ombra ad ammirare il panorama. Per le donne che ci hanno accompagnato è giunto il momento di proporci qualche piccolo articolo prima di lasciarci. Hanno con sé delle borsette, qualche collana e qualche anello. Non trovando nulla di particolarmente interessante vorremmo lasciare loro qualche dollaro senza niente in cambio ma Chin ci spiega che vendere questi articoli è per loro fonte di soddisfazione, più che ricevere denaro, quindi scegliamo un anello ed una borsetta. Dai sorrisi le donne sembrano gradire e si allontanano ringraziando ripetutamente.

E' giunta l'ora di rimetterci in marcia. Sul sentiero incontriamo un gruppetto di bambini che fanno a gara per farsi fotografare. Dopo circa un'ora raggiungiamo un villaggio. Entriamo in una casa dove una signora sta lavorando al telaio. Qui si realizzano i tessuti usati per gli abiti tradizionali dell'etnia Hmong. Una pianta locale viene usata per ottenere il tipico colore indigo, la cui tintura viene raccolta all'interno di grossi recipienti di legno ed una volta pronta viene utilizzata per immergervi i tessuti affinché prendano la colorazione. Ripreso il cammino arriviamo poco dopo alla nostra destinazione, la homestay dove passeremo la notte. E' una casa tradizionale simile a quella dove abbiamo pranzato anche se più grande. Il soppalco è dotato di una dozzina di posti letto, ognuno circondato da una zanzariera. Appena fuori c'è uno spazioso portico dove riposare all'ombra e circondati dalla vegetazione. Dopo essere scesi a dare un'occhiata al fiume ci facciamo una doccia e ci sediamo sotto il portico. Oggi siamo gli unici ospiti. Un ragazzo della casa a fianco si avvicina ad un albero e lo scruta, quindi, individuato il suo obiettivo si arrampica e raccoglie qualche frutto. Qui spesso la spesa si fa a casa. Ceniamo con i padroni di casa, che ovviamente non conoscono una parola di inglese ma sorridono e ci offrono cibo e grappa di riso a volontà. Dopo cena c'è giusto il tempo per fare due passi nel villaggio prima di andare a dormire tra il silenzio della valle ed i deboli rumori della natura.

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Trekking nella valle - II giorno

La notte è trascorsa bene nonostante il giaciglio fosse un po' duro. Ci alziamo con la luce del sole e facciamo una passeggiata nel villaggio ed incontriamo le persone che vanno al lavoro e qualche genitore che accompagna il figlio a scuola, rigorosamente in motorino. La scuola è fondamentale per le prospettive dei bambini. Dato che ogni etnia parla una sua lingua fino a pochi anni fa era possibile che gli abitanti di villaggi che distano pochi chilometri tra loro non fossero in grado di capirsi, restando quindi isolati all'interno delle rispettive comunità. Oggi per fortuna le cose sono cambiate e l'insegnamento del vietnamita ha rotto questa barriera, consentendo la comunicazione ed una maggiore apertura. Si pensi anche solo ai matrimoni, che in passato non potevano che avvenire tra persone della stessa etnia.

Facciamo colazione e salutiamo i padroni di casa prima di proseguire il nostro giro. Chin ci chiede se vogliamo passare dalla foresta di bambù o fare il percorso panoramico. Scegliamo la strada più faticosa ed incominciamo a salire per un sentiero abbastanza ripido, dove incontriamo un ragazzo che guida una moto e traina un grosso tronco. Finalmente la salita termina e procediamo per lievi saliscendi fino a quando non ci fermiamo su di un prato da cui si ha una bella vista della valle. Siamo nel punto più alto del nostro giro. Un'altra Sapa Sister ci raggiunge con una coppia di ragazzi ed anche loro si fermano ad ammirare il panorama.

I terrazzamenti sono dappertutto, interrotti qua e là da stradine, sentieri, alberi, qualche casetta sperduta, qualche pilastro per i cavi dell'alta tensione, alcuni capanni ricoperti da teloni dai colori improbabili. Iniziamo la discesa per un sentiero abbastanza scivoloso dove persino Chin rischia di finire a terra un paio di volte. Ci racconta che poche settimane prima due turisti spagnoli hanno trovato un terreno ancora più scivoloso ed uno di loro è sceso andando a terra più volte, «Like buffalo», ripete sorridendo. In effetti il terreno ha un fondo molto duro e sembra non drenare l'acqua, che quindi resta in superficie formando un insidioso strato di fanghiglia scivolosa, e dopo un acquazzone non deve essere piacevole fare questa discesa.

Ad un certo punto della discesa spuntano dalla foresta di bambù alla nostra sinistra alcuni turisti con la loro guida. A giudicare dal fango sulle loro scarpe direi che il giro panoramico è stata la scelta giusta. Ci fermiamo sotto un piccolo capanno. A pochi metri c'è una cascata con un bel salto dove qualcuno approfitta per spingersi sulle rocce e fare una foto. Niente barriere o cartelli, le guide dicono solo di fare attenzione e fin dove spingersi è dettato dal buon senso.

Riprendiamo la discesa verso il villaggio dove terminerà il nostro giro. Scendiamo fino al fiume, che attraversiamo nuovamente su di un ponte uguale a quello del giorno prima. Facciamo spazio ad un uomo che sopraggiunge con la sua moto. Da sotto proviene il rumore della corrente. Mi giro a guardare e vedo un bambino che gioca da solo in mezzo al corso del fiume, tenendosi a galla con due bottiglie di plastica vuote. Cosa direbbe la classica mamma italiana? Penso ai bambini che ho visto nei giorni passati, ad Hanoi, nel distretto di Son Dong, durante il trekking di Sapa, bambini che giocano in mezzo alla strada con il poco che hanno, che i genitori in moto accompagnano a scuola in moto, ovviamente senza casco, che giocano con dei topolini di campagna o nell'acqua di un fiume. Penso per un istante ad un ipotetico scambio: un bambino italiano catapultato in Vietnam non riuscirebbe a sopravvivere più di un quarto d'ora, mentre un bambino vietnamita paracadutato in Italia se la caverebbe di sicuro. Poi penso agli adulti e mi rendo conto che anche per loro vale lo stesso discorso. In Italia, in Europa e probabilmente in tutto il mondo occidentale abbiamo perso totalmente la capacità di fare certe cose che invece qui in Vietnam sono del tutto normali, come coltivare la terra, procurarsi da mangiare, fabbricare gli strumenti necessari alla vita di tutti i giorni, costruire una casa, riparare un oggetto. Sono poveri, sì, su questo non c'è dubbio, ma la selezione naturale premierebbe loro.

Eccoci finalmente, o purtroppo, alla fine del nostro giro. Arriviamo ad un baracchino dove pranziamo. Attorno a noi sono numerosi i turisti di tutte le nazionalità: americani, spagnoli, francesi, tutti con i loro zaini, mangiano, bevono birra a volontà e sembra non vedano l'ora di affrontare altri giorni qui a Sapa. Dopo aver mangiato insieme a Chin vengono a recuperarci suo marito ed altri due ragazzi, che ci riporteranno a Sapa in motorino. In una ventina di minuti siamo nuovamente al quartier generale delle Sapa Sisters, dove ci facciamo una doccia e recuperiamo le nostre cose, salutiamo e ringraziamo Chin e facciamo ritorno soddisfatti al nostro hotel. Qui prenotiamo un taxi che ci porterà poche ore dopo a Lao Cai, dove ci attende il ritorno in treno ad Hanoi.

ˆ inizio

II ritorno

Lao Cai è una piccola cittadina che non offre attrazioni turistiche. Tutti sono obbligati a passare da qui ma nessuno si ferma più dello stretto necessario. Arriviamo a Lao Cai con largo anticipo e già sentiamo il caldo soffocante. Recuperiamo i biglietti di ritorno presso il ristorante sul piazzale della stazione e ci rintaniamo in un locale in cerca di aria fresca. E' buio quando finalmente saliamo sul treno che ci condurrà nuovamente ad Hanoi. Nostri compagni di viaggio sono due signori spagnoli accompagnati da un vietnamita che dorme nello scompartimento accanto. Ripenso a questi giorni trascorsi in mezzo alle montagne. Oltre a quello che ho visto mi tornano in mente i suoni: i rumori della notte nella homestay, il rimbombo cadenzato dei fasci di riso battuti nelle casse, l'acqua del fiume che scorre tra le rocce, i motori delle moto che rompono il silenzio delle montagne. Il treno si mette in moto e ritrovo lo stridere delle ruote sui binari, i cigolii e gli ondeggiamenti ripetuti. Questa volta è tutto più familiare e sono quasi contento di provare nuovamente questa sensazione.

Il treno arriva ad Hanoi in orario e ci dirigiamo verso l'hotel quando la città si sta ancora svegliando. Il ragazzo che sta all'ingresso, incaricato di aprire la porta e portare le valigie, sta dormendo sul divano. Cerchiamo di non svegliarlo ma appena ci sente scatta in piedi, si mette in fretta le scarpe senza neanche infilarle del tutto e ci viene incontro. Questa combinazione di sbadataggine e dedizione al proprio dovere mi fa sorridere. Il ragazzo alla reception ci consegna subito le chiavi e ci chiede come sia andato il nostro viaggio. Non lo fa solo per cortesia, sembra davvero interessato e ci racconta la sua esperienza a Sapa. Saliamo infine in camera per riposarci e ci concediamo una giornata tranquilla dopo quasi tre settimane di continui spostamenti, visite, crociere e quant'altro.

Il giorno successivo è il nostro ultimo giorno in Vietnam. Incontriamo Nhai, una ragazza che collabora con il CIAI e che abbiamo conosciuto in occasione della nostra visita alla sede dell'associazione due settimane prima. Si è offerta di trascorrere con noi la giornata. Pranziamo insieme raccontando la nostra esperienza tra le montagne. Terminato il pranzo compriamo un po' di frutta per strada mentre ci dirigiamo verso il Museo delle Donne. Su tre piani sono esposti diversi abiti ed oggetti che raccontano la vita all'interno della società vietnamita, con particolare attenzione al ruolo della donna nei diversi periodi storici e presso vari gruppi etnici. E' curioso vedere che in alcune delle sue sale sono esposti oggetti che solo qualche giorno prima abbiamo visto utilizzare nei villaggi nei dintorni di Sapa.

Usciti dal museo visitiamo rapidamente il mercato e facciamo poi una passeggiata attorno al lago Hoan Kiem. Siamo stanchi quando ci sediamo su un muretto e si avvicina a noi un ragazzo. Dopo tre settimane in Vietnam e diversi giorni ad Hanoi so esattamente cosa vuole: parlare, in inglese. Faccio fatica a capire cosa dice ma ci mette tutto il suo impegno, che non posso che ricambiare. Iniziamo così una lunga discussione. Scopro che (anche lui!) viene dalla provincia di Bac Giang. Pensando di non aver capito bene chiedo a Nhai, che conferma. Quando mi chiede se conosco la leggenda del lago (certo che la conosco...) sorrido e lo invito a raccontarmela. Ogni tanto si blocca su qualche parola, allora apre il suo quaderno e la ripete seguendola con il dito. Inizia a fare buio quando si rende conto che si è fatto tardi. Solo allora ringrazia, saluta e si congeda da noi.

La sera ceniamo con Nhai ed alcuni suoi amici. Loro vorrebbero probabilmente mangiare nei locali di strada ma noi vogliamo evitare sorprese ed alla fine scelgono un ristorante nei pressi del lago Hoan Kiem. Parliamo del più e del meno mentre qualcuno di loro sembra incuriosito dal nostro aspetto insolitamente occidentale. Terminata la cena andiamo in un locale non lontano con una terrazza che domina il piazzale che si affaccia sul lago. Poco dopo vediamo che molte persone vi si radunano rumorosamente come se stessero festeggiando qualcosa. Un numero spropositato di motorini si riunisce chiassosamente mentre qua e là spuntano bandiere vietnamite. Quando il gruppo riempie la piazza si mette in moto per chissà quale destinazione, mentre un altro gruppo si sta già formando. Chiediamo cosa stiano festeggiando e ci rispondono che il Vietnam ha vinto qualche importante incontro calcistico. Orientali sì, ma il calcio è affermato anche qui. Sport a parte ci sembra che il Vietnam ci voglia dare il suo ultimo saluto prima della nostra partenza. I festeggiamenti andranno avanti tutta la notte ma dopo aver assistito allo spettacolo del serpentone di scooter per tre o quattro volte salutiamo e prendiamo un taxi insieme a Nhai per fare ritorno all'hotel, dove lei ha lasciato il suo scooter. Infine salutiamo e ringraziamo anche lei. Finisce così nel migliore dei modi anche la nostra ultima sera, trascorsa più da abitanti del posto che da turisti. In hotel paghiamo e prenotiamo il taxi per la mattina successiva. Vorremmo partire presto ma il ragazzo cordialmente ci consiglia di posticipare un po' in modo da poterci preparare un sacchetto con la colazione, dicendo che il tragitto per l'aeroporto sarebbe stato rapido e senza traffico. Gli daremo ascolto.

La luce è ancora bassa quando saliamo sul taxi che ci porterà in aeroporto, ma il caldo umido si fa già sentire mentre la una palla rossa ed infuocata si alza lentamente sull'orizzonte. Percorriamo la strada semideserte dove i più mattinieri approfittano della temperatura ancora tollerabile per fare un po' di ginnastica. Mi colpisce vedere una signora di una certa età vestita con il classico abito per posto agitare in modo piuttosto scomposto le braccia: è la sua forma di ginnastica. Un personal trainer non sarebbe d'accordo, ma qui siamo in Vietnam e non valgono le nostre rigide regole. Ripenso al giorno del nostro arrivo mentre percorrevo la stessa strada in senso opposto. Rifletto su quello che ho visto, sulle esperienze fatte, sulle persone incontrate, su ciò che mi hanno lasciato e su quanto ho imparato, e mi rendo conto di quanto questo viaggio in una terra così lontana sia stato per me prezioso.

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Informazioni logistiche

Se avete prenotato i biglietti ferroviari per Sapa via internet allora potete ritirare i biglietti cartacei direttamente alla stazione B di Hanoi, in Tran Quy Cap. I metodi di distribuzione dei biglietti non sono particolarmente efficienti, quindi vi consiglio di recarvi alla stazione con almeno un'ora di anticipo. Al ritorno i biglietti si ritirano generalmente in un ristorante sul piazzale della stazione di Lao Cai.

Se pensate di andare in Vietnam è probabile che ci passiate qualche settimana. Se decidete di andare a Sapa vi conviene portarvi uno zaino, particolarmente comodo in caso di escursioni, e lasciare le vostre valigie ad Hanoi presso l'hotel dove avete soggiornato o soggiornerete. Sapa è una tappa classica e nessuno si rifiuterà di custodire i vostri bagagli per qualche giorno.

Noi siamo stati molto fortunati ma Sapa è una zona molto piovosa, almeno nel periodo in cui ci siamo stati. Vi consiglio di portarvi una mantellina e di approfittare del noleggio di scarpe da trekking sul posto, o di portarvene un paio che siate disposti ad immergere completamente del fango.

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Conclusioni e suggerimenti

Trovate il racconto delle altre due settimane in Vietnam nei due articoli precedenti:


Se avete domande o commenti potete usare la sezione qui sotto o scrivermi via email.

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FAQ

Qual è il miglior periodo per visitare Sapa?

Non sono molto preparato ma posso portare la mia esperienza personale. Nel periodo in cui ci siamo stati (la prima settimana di settembre) la mietitura era già a buon punto, tuttavia erano ancora molti i campi colorati di giallo dalle piante di riso. In ogni caso non dimenticate l'altra grande attrazione di Sapa: i mercati che si tengono periodicamente in diverse località della zona. Se volete fotografare i colori della valle, siano essi quelli dei campi di riso o quelli degli abiti delle etnie della zona, cercate di evitare i periodi piovosi in modo da potervi muovere in modo più agevole.

Come si fa ad andare a Sapa?

Sapa è una località di montagna raggiungibile solo in auto, bus o moto. Da Hanoi è possibile percorrere i circa 300km che la separano da Lao Cai con uno dei treni notturni che partono regolarmente tutte le sere. Da Lao Cai si può quindi raggiungere Sapa in taxi o in moto con un viaggio di circa un'ora. In alternativa dovrebbero esserci anche degli autobus che partono direttamente da Hanoi.

Dove partono i treni per Lao Cai?

I treni per Lao Cai partono dalla stazione B di Hanoi, che si trova in Tran Quy Cap, a poche centinaia di metri dalla stazione principale. E' lì che potrete ritirare i vostri biglietti presentando la ricevuta del pagamento effettuato.

Quando si tengono i principali mercati della zona di Sapa?

Il mercato di Bac Ha, sicuramente il più celebre, si tiene la domenica, mentre il mercato di Can Cau, meno noto ma decisamente interessante, si tiene il sabato. Can Cau dista da Bac Ha una trentina di minuti di auto, pertanto la visita di entrambi i mercati rappresenta un'ottima soluzione qualora decidiate di pernottare a Bac Ha tra sabato e domenica, scelta assolutamente consigliata per poter essere tra i banchi del mercato di Bac Ha già dal primo mattino. Se volete visitare il mercato di Bac Ha vi sconsiglio di arrivare a Lao Cai in treno la domenica mattina: i treni arrivano in teoria molto presto, ma in pratica sono spesso in ritardo, anche di un ora o più, e per raggiungere Bac Ha ci vuole circa un'ora e mezza di auto. Se aggiungete la notte trascorsa cercando di dormire su un letto non proprio comodo ed il fatto che l'attività al mercato inizia molto presto immagino non serva aggiungere altro.

Quanto tempo serve per andare da Lao Cai a Sapa e da Lao Cai a Bac Ha?

Da Lao Cai ci vuole un'ora di auto per arrivare a Sapa ed un'ora e mezza per arrivare a Bac Ha.

Qual è l'attrezzatura consigliata per fotografare Sapa?

Pensavo che avrei fatto largo uso del grandangolo per fotografare le terrazze, ma il Sigma 10-20mm f/4-5.6 EX DC HSM è la lente che in questo viaggio ho usato meno perché ho trovato difficile posizionarmi in modo adeguato. Ho trovato molto più comodo usare il Nikkor AF-S DX 18-105mm f/3.5-5.6G ED VR o addirittura il Nikkor AF-S 70-200mm f/2.8G ED VRII, che mi hanno permesso di isolare meglio l'inquadratura, sia nei panorami che in giro per i mercati, anche se in questo caso il Nikkor AF-S 70-200mm f/2.8G ED VRII si è rivelato talvolta troppo lungo, soprattutto tenendo conto del sensore APS-C. Altra lente utile per le situazioni a bassa luce, all'interno delle abitazioni, è stata il Nikkor AF-S DX 35mm f/1.8G, luminoso, piccolo e leggero. Avevo con me anche i polarizzatori che però non ho usato quasi mai. Fondamentale invece lo zaino, l'ormai inseparabile Lowepro Fastpack 100 che pur non avendo né telo antipioggia nè dimensioni adatte a contenere il Nikkor AF-S 70-200mm f/2.8G ED VRII ha il grande pregio di essere pratico, leggero e compatto quanto basta per entrare comodamente sotto ad una mantellina o addirittura un k-way. Per il Nikkor AF-S 70-200mm f/2.8G ED VRII ho comprato per l'occasione la fondina Think Tank Digital Holster 30 V2.0, ottima scelta, anch'essa leggera e compatta, oltre che dotata anche del telo antipioggia.

Per visitare la zona di Sapa è consigliata la profilassi antimalarica?

All'ufficio d'igiene ci è stata consigliata e nella homestay dove abbiamo dormito tutti i letti erano circondati da zanzariere, a confermare evidentemente che qualche rischio ci potrebbe essere. tuttavia la guida che ci ha accompagnati nel resto del nostro giro in Vietnam ci ha detto che la profilassi antimalarica non è necessaria. Noi abbiamo seguito il consiglio dell'ufficio d'igiene, anche perché ormai avevamo iniziato la cura, ma di zanzare devo dire di averne viste davvero poche. In generale con l'avanzamento del turismo le zone a rischio sono sempre meno, tuttavia se avete intenzione di visitare zone meno battute, lontane dalla costa e dalle grandi città, la profilassi potrebbe essere necessaria o quantomeno consigliata. Vi suggerisco pertanto di rivolgervi all'ufficio d'igiene più vicino in modo da poter ricevere le informazioni più indicate in base all'itinerario scelto, sia per quanto riguarda la malaria che altre eventuali malattie. Potete trovare altre informazioni anche su fitfortravel.nhs.uk.

- 14 Ago 2015 -



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